A proposito del Lampredotto...

Il lampredotto è un piatto della cucina fiorentina a base di uno dei quattro stomaci dei bovini, l'abomaso. È un tipico piatto povero, tutt'oggi molto diffuso a Firenze e dintorni; esso comprende una parte magra, chiamata gala, caratterizzata da creste violacee che raccolgono il sapore migliore ed una parte chiamata spannocchia, un po' più grassa e tosta, dal colore più tenue e dal sapore leggermente più rotondo. Prende il nome dalla lampreda, un'anguilla primordiale di cui ha la forma simile, una volta abbondantissima in Arno. Gastronomicamente il lampredotto a Firenze è un'istituzione, una leggenda presente quotidianamente per le strade della città sui "banchini dei trippai", questi piccoli chioschi, che sono i baluardi di una tradizione popolare conservata nel tempo sotto l'ombra di antichi palazzi e grandi opere d'arte. Il lampredotto non è cibo da turisti: è cibo di strada, cioè, della storia e della vita di un popolo, che per quelle strade è passato e in esse ha vissuto. Viene servito dai trippai nel toscanissimo panino chiamato semelle o rosetta con l'aggiunta, secondo il proprio gusto, di condimenti a scelta, che vanno dal semplice sale e pepe, alla classica salsa verde, fino ad arrivare all'olio piccante. Per ultima, vi aspetta la rituale domanda del trippaio fiorentino: lo vuole bagnato? Rispondete di sì. Tufferà così nel sugo del pentolone la calotta superiore del panino, che vi sarà così servito gustoso e gocciolante.

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La Trippa

Piatto povero della tradizione italiana, la possiamo mangiare da Nord a Sud, da Est a Ovest nel territorio italiano,la trippa rientra nella grande famiglia delle frattaglie, conosciute anche come quinto quarto. La sua origine è antica perché veniva preparata già ai tempi dei greci che la cucinavano sulla brace e i romani la utilizzavano per la preparazione di salsicce. La trippa alla fiorentina è uno tra i piatti toscani più famosi e antichi, nel Quattrocento era un piatto unico a base di frattaglie e aromi mentre circa trecento anni dopo, grazie all’arrivo dei pomodori dalle Americhe, prende forma la più contemporanea  ricetta della trippa alla fiorentina, ovvero con l’uso del pomodoro pelato. Specialità consumata soprattutto nei mesi più freddi, la trippa, come tutte le frattaglie, negli ultimi anni è stata oggetto di grande rivalutazione: non più semplice piatto povero, ma vera e propria prelibatezza gastronomica apprezzata anche dai più giovani.

E IL DETTO "NON C' E' TRIPPA PER GATTI??"

Legato alla trippa c’è anche un celebre modo di dire che fa parte della cultura italiana: non c’è trippa per gatti. Detto anche in romanesco “Nun c’è trippa pe’ gatti”, proprio perché questa espressione è nata a Roma agli inizi del Novecento. Si racconta che il neoeletto sindaco di Roma, Ernesto Nathan, analizzando il bilancio del Comune, si stupì per la voce “frattaglie per gatti”. Quando gli spiegarono che si trattava di una cifra impiegata per l’alimentazione di una colonia di gatti che doveva difendere dai topi i documenti negli archivi del Campidoglio, il sindaco non ci pensò su due volte ed eliminò la voce in questione. Secondo Ernesto Nathan i gatti dovevano mangiare proprio i topi e quindi aggiunse: “Non c’è trippa per gatti”.

 

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Il peposo

Il peposo è un piatto tipico toscano, originario dell'Impruneta. Si tratta di uno spezzatino cotto al forno con molto pepe, poco pomodoro e vino rosso, pare sia stato inventato dai fornacini dell'Impruneta (gli addetti alla cottura dei mattoni nelle fornaci) che usavano mettere i pezzi di muscolo in un tegame di terracotta con gli altri ingredienti e posizionarla all'imboccatura del forno in modo che potesse cuocere molto lentamente. I prodotti in cotto dell'Impruneta sono infatti molto famosi (giare, orci, anfore, mattoni e tegole). Nei forni dell'Impruneta sono stati cotti anche i mattoni per la cupola del Duomo di Firenze del Brunelleschi.